Cantù,
Finali scudetto e Supercoppa in bacheca. Sembra una vita fa e, invece, di anni ne sono passati solamente otto. In quella strepitosa versione della Pallacanestro Cantù figurava un certo Maarten Leunen, ala forte dalla rara intelligenza cestistica che, a distanza di sei anni dall’ultima volta, ha scelto di fare ritorno in Brianza. Nella “sua” Cantù.
Sembra una vita fa, ma in quella Cantù, targata Bennet e con un coach emergente quanto talentuoso in panchina come Andrea Trinchieri, giocava anche l’ultimo acquisto biancoblù, Leunen, appunto. La firma del 34enne americano, che insieme a Jaime Smith rappresenta uno dei due grandi ritorni di questa estate canturina, è emblematica e più che mai unisce le ambizioni di coach Cesare Pancotto e di Daniele Della Fiori, general manager dal fiuto inconfondibile per le operazioni di mercato di un certo tipo.
Ambizioni, stimoli e belle idee a parte, però, è giusto dire che Leunen torna chiaramente in una Cantù ben lontana dai fasti di un tempo, in cui il team, nel primo scorcio del decennio, era abituato a ben altri obiettivi sportivi. Serve dunque calma, evitando proclami altisonanti, ingombranti e, soprattutto, prematuri.
E allora via con la memoria e le videocassette dei ricordi, in cui, “Maarty”, ha un posto speciale. Il nativo di Vancouver – località a stelle e strisce nello Stato di Washington – è stato un elemento imprescindibile della storia recente del club, di cui è stato, peraltro, anche capitano nell’era post Mazzarino; incarico ricoperto nella sua ultima stagione in biancoblù, datata 2013-’14, prima di trasferirsi temporaneamente in Germania, salvo poi fare ritorno in Italia per vestire le maglie di Avellino e Fortitudo Bologna.
In quella Bennet, Leunen, il graffio lo ha sempre messo. Una firma d’autore che non passava inosservata nemmeno quando il foglio delle statistiche sembrava piuttosto mediocre. Perché Leunen è così: i numeri, con lui, non sono tutto. Anzi, il suo apporto in campo va ben oltre i punti realizzati o i rimbalzi, discorso che vale anche per gli assist, specialità della casa e merce rara tra i suoi pari ruolo.
“Maarty”, infatti, è sempre stato molto più di un semplice lungo, spesso un playmaker aggiunto, a supporto della regia. E le squadre in cui ha giocato il classe ’85 ne hanno sempre beneficiato parecchio. Come quella Cantù di Trinchieri, capace, nella stagione 2010-’11, di arrivare seconda in regular season, grazie a uno scintillante bottino di 22 vittorie in 30 partite, frutto di 44 punti e 8 sole sconfitte.
Nessuno fece meglio; solo Siena, poi campione d’Italia per la sesta volta nella sua storia, il quinto tricolore consecutivo. E fu proprio contro la fortissima Siena che Cantù si giocò lo scudetto, riportando il club brianzolo in finale dopo 30 lunghi anni. Leunen e compagni, però, lo fecero in grande stile, battendo - anzi, annientando - Varese e Milano nei playoff. Due derby, uno ai quarti e uno in semifinale. Varesini eliminati con un secco 3 a 0, i meneghini, invece, restarono a bocca asciutta, uscendo dalla post season incassando un pesante 3 a 1 dai rivali di sempre. In casa. In un Forum pieno zeppo.
È vero, poi Cantù perse quella finale contro Siena, 4 a 1, ma il ricordo di Leunen in quella prima tappa è elettrizzante.
Così come a essere elettrizzante fu anche l’anno seguente, il 2012, che iniziò con la vittoria in Supercoppa Italiana. Contro Siena, a Rimini, per una rivincita che resterà nella storia del club.
Le imprese di Leunen in maglia canturina sono già numerosissime, per non citare quelle in campo internazionale, eppure la voglia e gli stimoli del quasi 35enne statunitense sono gli stessi di un tempo, che, anzi, ha tanta convinzione di poter ancora aiutare la squadra della sua città, quella che lo ha adottato e coccolato a lungo nei suoi primi anni in Europa. E allora bentornato Maarten, Cantù ti accoglie nuovamente a braccia aperte.

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