Como,
Una preparazione atletica applicata al settore giovanile? Più che utile, fondamentale. Purtroppo non tutte le società dilettantistiche sono pronte, soprattutto dal punto di vista economico, a investire in figure specializzate in questo settore.
A Como operano già alcuni professionisti, ma legati quasi solamente alle prime squadre. «Eppure servirebbero», dice Deborah Faverio. È laureata in Scienze motorie, specializzata nella preparazione atletica della pallacanestro da vent’anni, e ultimamente si è avvicinata al calcio, legandosi all’Accademia Como che ha valorizzato una professionista come lei, affidandole le proprie squadre giovanili.
La sua abilitazione si è arricchita dopo aver conseguito un Master all’Università Cattolica di Milano di preparatore atletico professionista nel settore giovanile e scolastico, riconosciuto dalla Figc. Con Deborah, ha frequentato il corso anche Niccolò Taroni, ex calciatore dilettante molto conosciuto nel Comasco, ora viceallenatore dell’Ardor Lazzate: «È stata un’esperienza formativa interessante, con alcuni grandi nomi come docenti, come Sassi e Rampinini, che dà anche punteggi per l’abilitazione a Coverciano come preparatore atletico».
Il punto focale è creare prima di tutto atleti, poi calciatori, soprattutto per colmare un deficit motorio che i bambini di oggi pagano rispetto a quelli di venti-trent’anni fa: «La preparazione atletica si è evoluta, purtroppo c’è un’involuzione dal punto di vista motorio nei bambini moderni. Se una volta l’attività media giornaliera di movimento era di due ore, ora la media è crollata a 45 minuti a settimana. Aggiungiamo a questi dati che un bambino su quattro è obeso».
Quindi come può intervenire un professionista? «Lavorare in questa fascia d’età permette poi di consegnare alle prime squadre atleti fatti e finiti: oggi, chi non è un atleta, non può diventare un calciatore o, in generale, uno sportivo».
È fondamentale in questo senso anche la prevenzione. Solo un esperto può essere d’aiuto in questo campo: «Bisogna sensibilizzare le società, perché c’è una evidente non conoscenza di queste tematiche. Si investe quasi sempre solo sull’allenatore, non sulle figure che lo circondano. E le nostre competenze – assicura la Faverio – sono ben diverse da quelle di chi non ha fatto un percorso specifico».
Squadre sane, con atleti “robusti” e ben preparati, di solito vincono di più: «Sembrerà una banalità, ma ci sono studi che l’hanno certificato. Altri dati dicono che chi fa prevenzione, a parità di lavoro, ha un’incidenza di infortunati inferiore del 38%».
E, chiude Taroni, per fortuna si va verso l’introduzione di figure sempre più competenti: «Le società presto saranno obbligate ad avere negli staff persone qualificate, con patentini».
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DEBORAH FAVERIO E NICCOLO' TARONI
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