Como, Ven 7 Novembre 2025
Charlie Ludi: «Non saremo mai un top team, ma il Como avrà un’identità unica»
Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il ds del Como racconta l'evoluzione del club

Da anni è il volto italiano di un progetto internazionale. Charlie Ludi, direttore sportivo del Como, racconta alla Gazzetta dello Sport l’evoluzione del club più sorprendente della Serie A: una società che, partita dalla Serie D, ha scalato il calcio italiano grazie alla visione dei fratelli Hartono e a un modello di gestione che unisce infrastrutture, identità e sviluppo sostenibile.

 

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«Quando sono arrivato, non c’era praticamente nulla: nemmeno un team manager o un segretario sportivo per revisionare i contratti. Oggi il nostro centro sportivo ci mette nelle condizioni ideali per lavorare, e in questo Cesc Fabregas ha dato un contributo straordinario. Ha portato un livello diverso di professionalità e consapevolezza, ha reso il club più moderno e internazionale».

Fabregas non è solo il simbolo tecnico della squadra, ma anche una guida quotidiana nel progetto. «Ha voluto che i giocatori vivessero il centro sportivo, che passassero qui le loro giornate, dai pasti agli allenamenti, per creare un senso di appartenenza. Questo spirito di casa è uno dei segreti della nostra crescita»

Oggi il Como si muove con logiche che nel calcio italiano restano rare. «Abbiamo un gruppo di lavoro strutturato: il presidente Mirwan Suwarso, Fabregas, il nostro head of recruitment e lo staff di analisi. Ogni mese monitoriamo le scelte, i ruoli e gli investimenti fatti. Non lavoriamo più sulle sensazioni, ma su processi. Non basta dire “questo giocatore è forte”: servono dati, carattere, compatibilità. Perfino i social network ci aiutano a capire chi è davvero un giocatore, come si comporta, che tipo di persona è»

Ludi difende un modello manageriale che guarda oltre il risultato immediato: «Abbiamo cambiato il concetto di direttore sportivo. Non è più solo chi vede partite e fa trasferimenti: è un manager dello sport, un coordinatore di funzioni. Mi sono iscritto a Sociologia proprio per capire meglio le dinamiche umane nei gruppi di lavoro»

Sul piano economico, la proprietà Hartono ha investito circa 390 milioni in sei anni. Ma per Ludi il valore più grande resta la visione: «Durante il Covid la proprietà ci disse: “Non è colpa vostra se tutto si ferma. Mantenete gli impegni, pensiamo noi alla sicurezza delle famiglie dei giocatori.” È stato un segnale fortissimo. Non si parla solo di soldi, ma di rispetto, di etica»

Il futuro? «Non abbiamo la presunzione di competere con Milan, Inter o Juventus. Sappiamo di essere diversi, e va bene così. Vogliamo diventare un club stabile, con un’identità forte, radicato sul territorio ma aperto al mondo. L’obiettivo è la crescita costante, stagione dopo stagione. Se questo ci porterà in Europa, sarà una conseguenza naturale»

E la prossima sfida va oltre il campo: unire calcio e turismo. «Como è un brand globale, cinque milioni di visitatori l’anno. Dobbiamo saperlo integrare: come chi va a New York e, già che c’è, si ferma a vedere i Knicks. Il nostro sogno è che un giorno succeda la stessa cosa qui»

 

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