Como, Mer 27 Maggio 2020
L'INTERVISTA - Josè La Cagnina, da Casnate lo specialista nelle vittorie dei campionati
"Che bei ricordi gli anni nel Pavia, peccato solo non aver giocato nel Como..."

Quarantasette anni da compiere il prossimo mese di giugno, Josè la Cagnina è stato un bomber che ha lasciato davvero il segno in tanti anni giocati tra serie C e serie D. Nato a Como nel 1973, seconda punta che amava giocare di fianco al classico centravanti, La Cagnina è passato per il settore giovanile dell’Inter, prima di prendere il volo in una carriera che lo ha portato a togliersi tantissime soddisfazioni, sia individuali che di squadra.

 

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Josè, dove hai iniziato a giocare a calcio?

Sono passato prima da Ardisci e Spera e Lora Lipomo, per poi andare nelle giovanili dell’Inter, dove ho fatto sia la Berretti che la Primavera. Ci allenavamo ad Appiano Gentile, di fianco alla prima squadra. Ricordo ancora il gol che segnai nella finale del campionato nazionale Berretti giocata a Roma, che ci fece laureare campioni d’Italia.

Hai avuto a che fare quindi con tanti campioni…

Esatto, ricordo gente come Bergomi, Zenga, Klinsmann, Matthaus e Trapattoni ed Orrico come allenatori. Spesso giocavamo contro nelle partitelle di metà settimana, ma nessuno di loro se la tirava, anzi spesso ci aiutavano dandoci consigli utili per la nostra futura carriera.

Da lì ha preso il via la tua carriera sui campi di serie C e D…

Certamente, ricordo i primi due anni in Eccellenza con la vittoria del campionato con la maglia del Corbetta, grazie a un mio gol nello spareggio con la Guanzatese. Volevo fare il calciatore e per me era come un lavoro, quindi ci mettevo davvero tutto me stesso. Poi ho fatto due anni al Mariano, in serie D, ai tempi del presidente Giobbi, quindi il passaggio alla Biellese dove trovai mister Beppe Sannino ma non mi ambientai molto bene anche a causa di un infortunio.

La svolta della tua carriera quando è arrivata?

Fu quando mi prese il Pavia, dove ho giocato quattro anni in un posto che aveva tanto entusiasmo, uno stadio bellissimo dove giocare e dove abbiamo vinto due campionati, prima quello di serie D poi quello di C2. Sono state delle annate davvero indimenticabili.

Poi il passaggio alla Cremonese, e non hai smesso di vincere anche lì…

A Cremona ho giocato con grandi giocatori, che avrebbero poi giocato in serie A, uno su tutti Pietro Strada. Giocare con certi calciatori è molto importante, perché da loro puoi imparare tanto. Anche a Cremona contribuii alla vittoria di due campionati, prima di tornare al Pavia dove però questa volta perdemmo i playoff per salire in serie B.

Ma i tuoi successi non erano terminati…

A Lecco ritrovai mister Sannino, e vincemmo il campionato di serie C2, poi l’anno seguente siamo purtroppo retrocessi. Le ultime tappe della mia carriera le ho passate in D con Crociati Noceto (dove sono riuscito a vincere un altro campionato), Real Vicenza e Carpenedolo, e in Eccellenza al Treviso.

Hai segnato tanti gol, ma hai un’idea precisa di quanti siano stati in tutto?

Onestamente no, anche se in questi giorni ho provato a fare un calcolo approssimativo. Sicuramente ne ho fatti più di 150, qualcuno anche molto bello o importante. Ricordo al Crociati Noceto un gol in rovesciata e uno da metà campo, mentre al Lecco segnai per due volte di fila al novantesimo contro Torres e Nuorese, e furono due vittorie decisive nella vittoria del campionato.

Hai vinto tanti campionati, ma ti senti legato in particolar modo a uno di essi?

Ogni campionato che sono riuscito a vincere è stato molto bello, anche quelli di serie D. Certo, vincere in un posto come Pavia è stato molto bello, in particolar modo la stagione in cui andammo in serie C1 dove insieme a me giocavano altri due bomber come Omar Nordi e Mario Rossini.

Dopo il ritiro, sei rimasto comunque nel mondo del calcio….

Certamente, la mia è una grande passione. Oggi abito a Padova con la mia famiglia ma lavoro per l’Udinese insieme ad altri tre osservatori. Il nostro compito è gestire tutte le società italiane affiliate all’Udinese, sono circa una sessantina e noi giriamo tra di esse spiegando ai vari mister come fare ad allenare, siamo un po’ come degli istruttori. Inoltre non ci facciamo mancare il ruolo di osservatori, perché qualche giovane interessante in giro c’è sempre. In passato, dopo il ritiro, ho anche allenato, arrivando con la formazione Under 17 del Padova alla finale nazionale, persa a Cesena proprio contro il Como…

Come è cambiato il calcio negli anni della tua carriera?

Penso che in serie C il livello si sia un po’ abbassato, senza voler mancare di rispetto alle squadre di oggi ma la mia Cremonese o il mio Pavia di serie C – per fare un esempio – oggi giocherebbero tranquillamente in B. Di recente ho visto qualche partita di serie D, devo dire che invece lì ho trovato un buon livello, con allenatori preparati e squadre che provano a proporre un buon calcio.

Cosa ne pensi di questo difficile momento che stiamo attraversando? Sei fiducioso per una ripresa in tempi brevi?

Voglio essere ottimista, soprattutto perché il calcio è uno sport molto importante in Italia, non solo a livello professionistico ma anche per i ragazzini. E’ un modo per far crescere in maniera sana un bambino e per farlo divertire. Bisognerà sicuramente in un primo momento avere tutte le necessarie precauzioni, ma spero si possa riprendere il prima possibile.

Un’ultima domanda: non hai mai giocato nel Como, è un rimpianto per te?

Sicuramente giocare per la squadra della mia città mi sarebbe piaciuto, ma non ne faccio un grande problema: si vede che doveva andare così… Sono comunque sempre in contatto con molti amici comaschi che oggi giocano o hanno giocato nel calcio dilettanti: voglio ricordare Marco Rizzo, Roberto Bandirali e Luca Lo Cicero, solo per citarne alcuni. Quando torno a Como li vedo sempre con piacere…

 

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