Como, Dom 24 Maggio 2020
CALCIO - Dilettanti e giovani meno esposti al coronavirus rispetto ai 'pro'
Lo rivela lo studio di un'università danese. Presto di nuovo in campo? C'è la voglia di provare

Dilettanti e giovani meno esposti al coronavirus, rispetto ai calciatori professionisti. Lo rivelano gli esperti dell’Università di Aarhus che, in uno studio precedente, avevano analizzato il rischio di contagio basandosi sui dati della Super League, la serie A danese. La nuova analisi dei dati, rilanciata dal portale calcioefinanza.it, mostra che i giocatori dilettanti e dei settori giovanili si trovano a una distanza di 1,5 metri l’uno dall’altro per un totale di soli 60 secondi all’ora di calcio, in media. Nel 60% dei casi in cui i giocatori entrano in stretto contatto, questo contatto dura meno di un secondo.

 

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Risultati che potrebbero rappresentare incentivo alla riapertura, almeno parziale – è in arrivo l’estate, tanti club vorrebbero organizzare almeno i “camp” per bambini e ragazzi – dell’attività di gruppo. In queste settimane, tanti – praticamente tutti – i dirigenti delle società dilettantistiche comasche si sono espresse per la chiusura definitiva della stagione e sui rischi collegati alla ripresa. Queste tesi smonterebbero in parte paure e indecisioni.

Davvero interessanti i dati elaborati dall’università danese: gli attaccanti centrali sono quelli a maggior rischio di infezione, mentre i portieri sono i meno esposti. Le cifre mostrerebbero che il contatto, nel calcio, è relativamente basso se si considera l’attività lasciando da parte i contrasti, le sostituzioni e gli spostamenti condivisi. Per dilettanti e giovani, l’esposizione sarebbe all’incirca la metà, rispetto ai giocatori professionisti.

Tra gli esponenti del mondo dilettantistico e giovanile, Roberto Soggia, presidente della Valbasca, è per una riapertura nel rispetto delle regole: «Al di là dei numeri e di questo studio, ci vuole coraggio. Noi saremmo pronti a ripartire con coscienza, secondo le linee guida: riaprono le aziende, non vedo perché non possano riprendere, con tutte le cautele, anche gli allenamenti. Ovviamente senza partitelle, con lavoro a piccoli gruppi». Per Soggia, il problema è anche economico: «Tante società hanno costi fissi e mancati incassi in questi mesi. Riprendere gli allenamenti può essere solo un costo, sia per l’acquisto di gel, mascherine e per sanificare gli ambienti, sia per i rimborsi ai collaboratori tecnici. Ma se si ha la forza, si provi a riaprire, altrimenti ci vedremo a settembre».

Tra i più fervidi sostenitori della sospensione immediata dei campionati, il vicepresidente dell’Arcellasco, Andrea Colombo, ora è più possibilista: «Anche oggi continuo a dire “prima la salute”. Ora però, vedendo la curva dei contagi, penso sia giusto provare a ripartire, al di là di un vaccino che non vedremo, se non in tempi lunghi. Lo studio danese? Interessante, i ritmi più bassi probabilmente influiscono sulla possibilità di contagio. Ora vorrei una posizione netta della Federazione, ci dicano qualcosa, proviamo a ripartire: io propongo partenza a settembre, con turni infrasettimanali, fino a dicembre. Poi lunga pausa per evitare i mesi più freddi, finale di stagione da marzo a giugno».

 

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