Bellagio, Mer 13 Maggio 2020
L'INTERVISTA - Fulvio Locatelli, una vita da bomber sui campi di calcio comaschi
L'ex cannoniere di molte squadre della provincia oggi è lontano dal calcio dilettanti

Fulvio Locatelli, ex bomber (classe ’67) da più di trecento reti nei campionati di calcio dilettanti della provincia comasca, oggi è ormai lontano dal mondo del calcio. Un mondo che non è stato capace di dargli la scintilla giusta per allenare, e che difficilmente la darà in futuro all’ex attaccante di Bellagio.

 

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Fulvio, una volta smesso di giocare avevi pensato di rimanere nel calcio?

Quando ho chiuso con il calcio giocato, nel 2016 dopo le ultime quattro stagioni giocate con la maglia del Lezzeno, avevo pensato di rimanere in questo sport con un altro ruolo. Ma devo dire che non è mai scoccata davvero la scintilla giusta per poter iniziare ad allenare. Per fare una cosa bisogna esserne convinti, altrimenti meglio lasciar perdere e dedicarsi ad altro. E poi ho sempre pensato che nel calcio prima dell’allenatore vengono i giocatori: se quelli non sono bravi, non vinci. Oggi mi limito a dare semplicemente una mano all’allenatore dei ragazzini del 2010 della Bellagina, dove peraltro gioca mio figlio.

Com’è cambiato il calcio dilettanti negli ultimi anni rispetto a quello che hai vissuto tu da protagonista?

Nel recente passato ho avuto l’occasione di vedere qualche gara di Promozione dell’Alta Brianza, avendo un’ottima amicizia con il direttore sportivo Giangiacomo Frigerio, e di serie D, dove mio nipote gioca con la maglia del Milano City. Ho visto squadre molto pronte atleticamente, ma che a livello tecnico proponevano poco: sinceramente mi sarei aspettato qualcosa in più.

Che tipo di giocatore eri?

Sono nato come il classico trequartista, che stava dietro alle due punte. Poi mi sono spostato davanti, ho avuto due bravi maestri ad Arosio come Moreno Pertica e Roberto Cappellini, due grandi attaccanti da cui imparato i movimenti che deve fare una prima punta. Poi ero molto bravo di testa, quindi tutto è diventato più semplice.

Hai giocato in molte squadre della provincia di Como: Bellagina (dove hai fatto anche il settore giovanile), Lario, Lariointelvi, Stella Azzurra, Atletico Erba, Pontelambrese, Cdg Erba e la chiusura con il Lezzeno. C’è una stagione che ricordi in particolar modo?

Ho fatto dieci promozioni e sono state tutte annate molto belle, ma non posso dimenticare i cinque anni alla Stella Azzurra Arosio, in una società che da anni cercava il salto in Promozione dopo tanti anni di Prima categoria: con mister Roberto Pozzoli ce la facemmo grazie a un grande campionato, nel quale segnai 17 reti e chiudemmo imbattuti. Una stagione indimenticabile anche perché in estate avevo rotto tibia e perone in un torneo serale a Valbrona, molti mi dicevano che ero finito e invece tornai in campo e smentii tutti. Ricordo ancora la prima partita, vinta 4-1 contro la Folgore Verano, in cui segnai tre reti e mi presentai subito bene. Una bella esperienza fu anche quella di pochi mesi fatta nel 2007 alla Lariointelvi, con un amico come Mario Pozzi che all’epoca era il presidente

Hai qualche rimpianto?

Nell’estate del 2000 feci la preparazione con la Guanzatese, che avrebbe poi vinto l’Eccellenza e sarebbe andata in D: fui a un passo da firmare, ma poi preferii declinare per difficoltà logistiche. Ricordo con piacere il presidente Angelo Dubini: ho saputo che è scomparso da poco, mi è dispiaciuto molto.

Nella tua carriera hai giocato anche insieme ma anche contro tuo fratello Massimiliano, difensore centrale. Qualche favoritismo quando vi scontravate?

No, anzi! Fuori dal campo siamo sempre stati uniti, ma dentro al campo amici non ce ne sono, ognuno deve fare il massimo per la propria squadra. Ce le davamo di santa ragione!

C’è un allenatore o un compagno di squadra che ricordi con particolare piacere?

Potrei ricordare tantissimi compagni con cui ho legato in particolar modo, ma è difficile fare un nome solo. Tra gli allenatori invece voglio citare Damiano Sironi, che ho avuto all’Atletico Erba: preparatissimo tecnicamente e tatticamente, ma soprattutto un grandissimo motivatore. L’avevo ammirato anche come giocatore, ma come allenatore era proprio perfetto per uno come me. E’ vero che io non ho mai avuto bisogno di essere motivato troppo per andare in campo e dare il massimo, ma quando ho giocato per lui sentivo di avere davvero una marcia in più prima di ogni partita.

 

 

Fulvio Locatelli in azione con la maglia della Pontelambrese


 

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