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L'INTERVISTA - il ritiro di Matteo Castelli, il regista che metteva la palla in cassaforte
"Mi ritiro perchè questo calcio non è più quello dei miei tempi, ma non smetto del tutto.."
2 commenti
Mer 24 Giugno 2020 14.00
Matteo Castelli, nell'ultima stagione al Lomazzo
Como,

«Palla al Caste, palla in cassaforte». Per più di vent’anni tale frase ha accompagnato Matteo Castelli, regista comasco classe ‘84, su tutti i campi della provincia e non. Ora, non riecheggerà più. Infatti, dopo due decenni passati a dirigere le redini del centrocampo per lo più tra Prima categoria e Promozione, due campionati vinti – il primo con l’Atletico Erba, l’altro con l’Inverigo dei record -, playoff disputati e innumerevoli partite disputate, il Caste ha detto stop. A quasi trentasei anni, con un figlio, Nicolò, appena nato e una stagione, quella appena passata con il Lomazzo in Prima un po’ sotto le aspettative, Matteo ha deciso di ritirarsi.

 

 

Caste, la prima domanda è d’obbligo: perché finirla così, nell’anno dei campionati non terminati?

Credo dispiaccia a tutti non aver potuto concludere la stagione sul campo. In ogni caso io smetto per tre ragioni: la prima e più importante è per la nascita di mio figlio. Ora, essendo in tre in famiglia, le mie priorità sono altre, voglio godermi Nicolò a pieno. Un altro motivo che mi ha portato a questa scelta è la rottura del crociato che ho subito due stagioni fa, ancora oggi infatti non riesco a recuperare del tutto la condizione fisica. Infine anche quest’ultima annata con il Lomazzo mi ha fatto pensare molto, forse questo calcio non è più quello dei miei tempi.

Andiamo con ordine. Dove hai mosso i tuoi primi passi su un campo da calcio?

Ho iniziato all’oratorio di San Bartolomeo. Da bambino, giocavo con i miei amici tutti i giorni, era un calcio da oratorio, da strada, quello che forse manca oggi ai giovani. In seguito sono passato proprio alla Libertas, all’epoca era davvero un florido settore giovanile. Lì hanno iniziato a giocare calciatori che poi hanno calcato campi importanti come i fratelli Notari, Marco Rizzo e Daniele Guzzetti.

Poi è iniziata la tua avventura all’Arcellasco, quasi una seconda casa per te...

Prima di passare all’Arcellasco ho fatto una stagione all’Albatese, poi sì, tutta la trafila nell’Arcellasco fino all’esordio in prima squadra. A Erba mi sono trovato benissimo: c’erano allenatori preparati e competenti e noi ’84 eravamo una buonissima squadra. In seguito arrivarono le prime apparizioni con la prima squadra... Ricordo i primi allenamenti tra i grandi. Io, ragazzino, mi allenavo con Massimo Crippa che aveva giocato nel Napoli di Maradona. Poi, crescendo, sono entrato in pianta stabile in quello spogliatoio, benché fossimo una squadra giovane, riuscimmo sempre a salvarci in Promozione.

Le altre avventure?

Andai all’Atletico Erba dove vinsi il campionato di Seconda. In seguito ho girato tra Alta Brianza, ancora Atletico Erba, dove perdemmo i playoff per salire in Eccellenza. Dopo mi trasferii all’Inverigo e trionfammo in campionato. Ma sono davvero tante le squadre in cui ho giocato: Maslianico, Pontelambrese Portichetto, Lomazzo. Vorrei citare la parentesi all’Erbese, quando, arrivato nel mercato di dicembre con la formazione ultima in classifica, riuscimmo a salvarci, oltre alla mia esperienza a Barzago di tre anni fa, dove con un gruppo splendido sfiorammo il passaggio in Eccellenza.

Qual è il compagno che più ti ha impressionato?

È una domanda davvero difficile, ho giocato con tanti calciatori con la c maiuscola. Ricordo Gabriele Maronese, ma anche Christian Bertelè, Goerge Dossou, Filippo Del Signore, Francesco Cigardi, Roberto Bandirali e Mauro Nannini, gente fortissima per queste categorie. Tra i più giovani non posso non citare Daniele Schiavano, Francesco Cozza e Gianluca Iaconis, i migliori degli ultimi anni.

Vedremo ancora Matteo Castelli su un campo da calcio?

Dopo aver giocato per trent’anni non si può dire basta dall’oggi al domani. Io ho deciso di non fermarmi, andrò ad aiutare Marco Rizzo come allenatore dei 2007 del Cittadella. Ora sono contentissimo così, poi in futuro non lo so. Non escludo di potermi sedere in panchina.

Com’è cambiato il calcio nei due decenni in cui hai giocato?

La mentalità è diversa, prima il calcio era un impegno serio, quasi un secondo lavoro, il livello era decisamente più alto. Oggi i ragazzi giocano come fosse un passatempo. Credo poi che la testa dei giovani sia proprio mutata e non solo nello sport, vedo gente che si accontenta di giocare in Prima categoria, quando potrebbe ambire a molto di più. Infine sono passati i tempi dei grandi tornei estivi, quando si battagliava anche due o tre volte a sera. Di quegli anni ricordo Silvano Pirovano, mio vecchio ds all’Arcellasco: quanti tornei vinti con lui e quante salamelle mangiate…

J. Gan.

 

Matteo Castelli in azione ai tempi della Pontelambrese

 


 


@Lariosport
© riproduzione riservata

CommentiI commenti degli utenti
Il giorno 24/06/2020 alle ore 18.49 cast ha scritto...
Commentopalla al caste , palla in cassaforte .. ma xke lavora in banca ?
Il giorno 29/06/2020 alle ore 08.58 cap89 ha scritto...
Commentogrande caste, una serietà messa in campo e fuori che ormai è difficile trovare una correttezza nel gruppo eccezionale, il vicino di spogliatoio che tutti vorrebbero poi la qualità in campo è di un altro livello GRAZIE FARO.......
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