Como,
Lorenzo Gervasini, centrocampista classe 1983 della Valsoldese, dice basta con il calcio giocato dopo trent’anni ininterrotti nella società di Valsolda. Una storia lunghissima, quella di “Lollo”, come lo chiamano i compagni di una vita, diventati poi anche amici nello spogliatoio.
«Già a inizio anno sapevo che questo sarebbe stato l’ultimo – esordisce il capitano della Valsoldese – e ne ho avuto la consapevolezza partita dopo partita. Quello che mi mancherà sarà lo spogliatoio, penso che me ne accorgerò bene solo col tempo». L’ultima stagione non è andata come Gervasini avrebbe voluto, con la retrocessione della Valsoldese in Terza: «Avrei preferito chiudere in maniera diversa, ma sono sempre stato con i piedi per terra. So che dalle nostre parti è difficile fare calcio e sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto in questi anni, senza avere alle spalle un settore giovanile».
Tanti i ricordi, belli e brutti, di tutti questi anni: «La promozione in Seconda di due anni fa resta il più bello, la scomparsa di due storici dirigenti come Pietro Parillo e Vito Farsoni il più doloroso: siamo una grande famiglia alla Valsoldese, abbiamo elaborato il lutto tutti insieme». Tanti i compagni di squadra e gli allenatori avuti in questi trent’anni: «Michele Parillo è l’amico di una vita, ma ricordo con piacere anche Matteo Pizzagalli, per tanti anni avversario con la Porlezzese ma negli ultimi tre mio compagno».
Gol pochi (record stagionale i sei dell’anno della promozione): «Ma quest’anno ne ho fatto uno molto bello, a Cavallasca in pieno recupero. Un tiro da lontano sotto il sette che è valso il pareggio». Ora è in arrivo una nuova vita per Gervasini: «Voglio seguire mio figlio, è un 2010 che gioca nel Lugano ed è già molto più promettente del papà. Alla Valsoldese, se servirà, non farò mai mancare il mio apporto, ma per ora non ho in programma di intraprendere una carriera da allenatore o da dirigente».
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